Si è tenuta lunedì 26 settembre, nell’auditorium San Pio X, a Treviso, la serata anteprima della 36ª Settimana sociale dei cattolici trevigiani, che era insieme anche l’evento culminante degli appuntamenti previsti per il Tempo del Creato. L’incontro, intitolato “Prese il pane, rese grazie. (Lc 22, 29). Il tutto nel frammento”, ha visto dialogare mons. Michele Tomasi, vescovo di Treviso, e Dino Boffo, già direttore di “Avvenire”, riprendendo il titolo del messaggio dei Vescovi italiani per la Giornata del Creato.
“Il tema del pane, filo rosso che ha accompagnato questo mese del Creato, è tema di grande attualità – ha affermato don Paolo Magoga, direttore della Pastorale sociale e del lavoro. Lo abbiamo sviscerato come frutto della terra che con i poveri del mondo lancia il suo grido a ciascuno di noi. Grido che con il nostro impegno non possiamo tradire. Ma non basta udire, bisogna anche agire. Proprio il pane sintetizza le tre indicazioni lanciate dal Papa ai giovani in occasione dell’Economy of Francesco (vedi articolo a pagina 13): l’attenzione per i poveri, il lavoro e l’incarnazione. Prendere il pane, spezzarlo e condividerlo ci aiuta a riconoscere la dignità di tutte le cose che si concentrano in un frammento così nobile: la creazione di Dio, il dinamismo della natura, il lavoro di tanta gente. In quel frammento c’è la terra e l’intera società. Ci fa pensare anche a chi tende inutilmente la sua mano per nutrirsi, perché non incontra la solidarietà di nessuno, perché vive in condizioni precarie: c’è qualcuno che attende il nostro pane spezzato”.
“Non è un azzardo pensare che il ritorno del tema del pane – ha affermato Dino Boffo – abbia a che fare con il riesplodere in contemporanea di una serie di tragedie che accompagnano l’umanità da millenni, come i drammi della siccità, dell’epidemia, della guerra e della fame. Sono sciagure che esistono da sempre e che oggi si ripropongono fatalmente insieme. «Quante cose sa dirci un pezzo di pane». A esso stiamo oggi tornando, pur senza averlo deliberato. Nelle stagioni del Covid, lievito e farina sono andati letteralmente a ruba dagli scaffali, suscitando stupore in quanti consideravano la pratica della panificazione avviata ormai al tramonto. Ma il tema del pane è ritornato in questi mesi specialmente a motivo della guerra scatenata dalla Russia ai danni dell’Ucraina. La morsa della siccità, le conseguenze del Covid, il dramma delle guerre stanno producendo non solo perdita di biodiversità, desertificazione, migrazione dei popoli ma anche nuove forme di sottosviluppo, costi alle stelle e fame. In molti paesi si sta, infatti, passando dalla difficoltà di accesso al cibo al rischio di indisponibilità vera e propria. Ogni anno, poi, le governance del mondo si riuniscono e puntualmente assumono impegni troppo flebili nei confronti del pianeta, che per più poi non mantengono. Non c’è più tempo. E se la grande politica non si muove, deve farlo la società civile di ogni dove, dobbiamo farlo noi: dal basso. Non si tratta di fare altri partiti ma di costringere i politici ad agire. E’ una mobilitazione dal basso quella che va intrapresa, vestendo abiti virtuosi che possano rigenerare quel nostro modo di stare al mondo che ormai fa acqua da ogni parte. Noi credenti dobbiamo e vogliamo «tornare al gusto del pane», che vuol dire onorare la preghiera del Padre nostro, insegnataci da Gesù. Ebbene, come seguaci di questo Dio del pane siamo chiamati a innervare per la nostra parte, da autentici protagonisti, il movimento di ribellione e di riscatto che è in atto per spezzare sul tavolo del mondo il pane con tutti, nessuno escluso.”
“Ascoltare quello che dice Dio al suo popolo riguardo al pane è una esperienza molto antica e importante, è l’esperienza della manna nel deserto – ha affermato mons. Tomasi -. Questo dono dal cielo ha delle istruzioni importantissime, va raccolta e distribuita in parti uguali, nessuno deve temere di riceverne di meno e di confrontare il suo con il piatto del vicino. Questa è anche l’attitudine dell’amore di Dio nei confronti di ciascuno, se ci ama completamente ci darà quello che ci serve e se qualcuno ha di più è perché avrà bisogno di più in quel momento. L’uguaglianza non è dare a tutti la stessa parte di risorse, ma dare a ciascuno ciò di cui ha bisogno. Il pane e il cibo dovrebbero essere beni indisponibili, beni primari; invece, prima che il grano comperato alle borse dei materiali agricoli si sposti, viene rivenduto cinque volte e il prezzo cresce perché ci sono compensazioni e speculazioni. L’eucaristia, che noi cristiani viviamo come momento culmine del nostro credere, è il momento in cui cielo e terra si uniscono e il pane, la richiesta unica, la manna come pane del cielo, rappresenta tutto. Papa Francesco nella «Laudato si’» dice che il Signore al culmine del mistero dell’incarnazione volle raggiungere la nostra umanità con un frammento di materia, non dall’alto ma da dentro, affinché nel nostro stesso mondo potessimo incontrare lui. Essere grati deve essere l’attitudine fondamentale di ogni cristiano, chi non è grato non è misericordioso, non sa prendersi cura e diventa predone e ladro. Chi non è grato può trasformare una terra ricca di risorse, granaio per i popoli, in un teatro di guerra. Spezzare il pane la domenica è esercizio di gratitudine”.