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Settimana sociale, quarta serata: “Democrazia in crisi, le associazioni la salveranno?”

E’ toccato a Luca Bertuola, presidente di Partecipare il Presente, che con questo incontro ha aperto il suo ciclo annuale di incontri, introdurre e lanciare il tema della quarta e ultima serata della Settimana sociale dei cattolici trevigiani, “Dopo il 25 settembre: la società civile per ricreare comunità e come reazione alla crisi della democrazia”. L’accento è andato subito all’individualismo del nostro tempo, probabilmente acuito dalla pandemia e dalla crisi. “In questo contesto le associazioni e i corpi intermedi hanno un ruolo centrale, di mediazione – ha detto Bertuola – per passare dall’io al noi, guardando al bene comune”.
Le relazioni sono state curate da Carlo Bordoni, sociologo e saggista, collegato in streaming e da Paolo Feltrin, politologo, già docente di Scienza dell’amministrazione e di Scienza politica. Ha moderato l’incontro il giornalista Daniele Ferrazza.

Comunità e società, due concetti distinti
“Il concetto di comunità è antico – ha spiegato Bordoni – indica un insieme di persone legate fra loro da vincoli forti (di sangue, organizzativi, linguistici, religiosi, economici). Di conseguenza, la comunità non lascia ampi spazi di libertà ai suoi componenti, il vincolo morale è determinante”.
Il concetto moderno di società, come lo intendiamo noi, “compare invece solo intorno al 17° secolo, quando iniziano a prevalere associazioni diverse, senza obbligo di reciprocità: si basa su patti contrattuali, costruiti razionalmente, con vincoli più deboli rispetto alle precedenti comunità. Questo modello di società moderna va in crisi sul finire del secolo scorso e con l’inizio del nuovo millennio. Nasce la cosiddetta “società liquida”, come teorizzato dal sociologo Zygmunt Bauman, dove comunità e società si compenetrano. Individualizzata, privatizzata, incerta, flessibile, vulnerabile, mette in crisi i valori, ognuno pensa per sé e vede l’altro addirittura come un nemico”.
Alla domanda se la società moderna si possa ripensare, Bordoni ha detto: “La pandemia ci ha costretto a ricercare i legami sociali, a riprendere legami tipici della comunità. In questo la tecnologia ci ha aiutato. Pensate all’abitudine, molto diffusa durante il lockdown, di far vedere agli altri quello che si stava cucinando, o mangiando; in realtà condividere il cibo (l’etimologia di “compagno” deriva dal latino “cum panis”), significa creare comunità, unione fra le persone, seppure fisicamente lontane fra loro. Insomma, la comunità di oggi è diffusa e si è de-territorializzata”.

Il ruolo di tenuta delle associazioni
“Lo stato attuale della democrazia non è dei migliori”, ha detto Feltrin -. Essa è messa a dura prova in tanti Paesi occidentali, da sempre cuore della democrazia: Italia, ma anche Francia, Germania, Regno Unito, Usa. “Il principio di maggioranza, che noi diamo per scontato per la buona gestione di un sistema, in realtà ha limiti oggettivi. Esso può funzionare solo a determinate condizioni: presenza di adeguati vincoli costituzionali, voto espresso a precisi partiti politici, possibilità di garantire ai cittadini un benessere crescente”.
Vi è poi una discrepanza fra l’agenda popolare, ossia quello che il cittadino chiede al suo Governo (sicurezza, sviluppo, ragionevoli aspettative di equità sociale, poche tasse, efficienza della macchina burocratica), e l’agenda strutturale, ossia quella di cui la politica deve assolutamente tener conto per governare (i vincoli derivanti da relazioni internazionali come Nato, Onu, Ue; il debito pubblico esistente, da contenere; il benessere e lo sviluppo da incentivare).
Il dilemma, secondo Feltrin, “si risolve attraverso una fuga dagli esiti elettorali. In quale modo? Rendendo più stringenti gli accordi internazionali, che limitano la politica nazionale (pensiamo al Pnrr), spostando parte delle decisioni in organismi non controllati dalle politiche (come le Authority), coinvolgendo sempre di più i tecnici”.
“Non è una via soddisfacente, ma è l’unica che vedo percorribile. Inoltre, in tutto questo contesto, gli unici soggetti che veramente resistono, solo le associazioni, mentre i partiti declinano. Le organizzazioni non sono prive di difetti, ma hanno il grande pregio di servire. Si differenziano dal sistema dei partiti perché partono dal basso, operano in periferia, sono un patrimonio del popolo, non delle élite. La loro autentica svolta consiste nel riuscire a trasformare l’attività di servizio in rappresentanza, «mantenendo l’odore di pecora», come disse papa Francesco. (Federica Florian)

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Settimana sociale, terza serata: quei posti vacanti e i lavoratori senza posto

“Un ringraziamento agli organizzatori della Settimana sociale che hanno voluto rischiare questa serata”, con un tema tanto cruciale quanto poco attraente. Le parole di don Bruno Baratto, direttore di Migrantes, hanno introdotto gli interventi di Daniele Marini, docente di Sociologia dei processi economici e trasformazioni del lavoro all’Università di Padova, e Letizia Bertazzon, ricercatrice di Veneto Lavoro. Interventi costruiti attorno al triangolo “italiani, stranieri e lavoro che cambia”. Lo scenario è quello appena presentato dal report su presenza e distribuzione degli immigrati nella provincia di Treviso, dal titolo “Presenze necessarie”. Un’analisi realizzata da Cisl Belluno Treviso, Anolf, Caritas Tarvisina, Migrantes Treviso, cooperative La Esse e Una Casa per l’Uomo. “Il titolo del report sintetizza la percezione di questi ultimi tempi – spiega il gruppo di ricerca che ha realizzato lo studio -: una presenza stabile di migranti che si conferma non solo significativa, ma necessaria, per l’apporto demografico, per il lavoro, ma anche per un complesso di contributi di tipo culturale e umano che concorrono a rendere più vitale il territorio”.
Come fare, allora, perché questa presenza necessaria degli stranieri non crei strappi, lacerazioni, quale opera di cucitura o ricucitura è necessaria per sostenere il nostro vivere civile? “La nostra situazione – ha sottolineato il sociologo Daniele Marini – non è diversa da questa di altri Paesi europei degli anni Ottanta, come Francia e Germania, che però hanno fatto politiche per la natalità e politiche migratorie per gestire e non subire i flussi”. Ora i cambiamenti sono ancora più veloci, “il cambiamento è la nostra nuova normalità”, con il rischio che nella velocità si perdano i propri riferimenti e si crei un processo di polarizzazione, “tra chi ce la fa e chi non ce la fa”, perché spiazzato. “Dobbiamo capire – ha proseguito il docente – che viviamo in un grande condominio globale e tutto ciò che avviene in giro per il mondo ha ricadute su di noi. In primis, i processi di digitalizzazione: tutto è interconnesso” e ciò ha ripercussioni sui nostri processi culturali e cognitivi, e anche sui nostri stili di vita.
Trasformazione del mercato del lavoro, quindi, area di ricerca di Letizia Bertazzon: “Cambia la domanda di professionalità, cambiano i settori occupazionali, le competenze richieste”. Difficile poter dire oggi a un giovane quali siano le opportunità del mondo del lavoro, nonostante si possa vedere che l’Industria sia più traballante del Terziario e dei Servizi che offrono più opportunità, come l’Agricoltura alla ricerca di nuove idee. Abbiamo un mercato dove posti di lavoro rimangono vacanti e lavoratori sono senza lavoro, in un disallineamento di competenze che fatica a trovare l’equilibrio e in cui gli stranieri rimangono la parte più debole e vulnerabile. Un Paese, il nostro, in cui la scuola deve insegnare non a trovare uno specifico lavoro, ma deve preparare i ragazzi al lavoro. (Lucia Gottardello)

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Settimana sociale, una nuova economia per “ricucire il mondo”

“The economy of Francesco. L’impegno dei giovani per un’economia più equa, solidale e fraterna” è stato il titolo della seconda serata della Settimana sociale. L’incontro ha visto dialogare Giampietro Parolin, economista e docente presso l’università Sophia, insieme a due giovani testimoni dell’incontro svolto negli ultimi giorni di settembre ad Assisi.

“Sarebbe ingenuo pensare che a problemi complessi si possano indicare soluzioni semplici o addirittura immediate – ha affermato don Paolo Magoga, direttore della Pastorale sociale e del lavoro. Non è così, ci sarà una lunga notte da abitare, ma la speranza di un pensiero nuovo, giovane, di un’economia fatta di equità, giustizia, rispetto della madre terra, ci fa credere che le energie ci sono per un futuro più umano e solidale”.

Ludovica Montesanto, giovane presente all’incontro tra il Papa, gli economisti, gli imprenditori e gli studenti svolto ad Assisi, ha proseguito: “Vorrei parlarvi del processo che è diventato Economy of Francesco. Noi giovani, fin dal 2019, siamo stati chiamati a pensare a un’economia di pace, che si prenda cura del creato e non lo depredi, un’economia a servizio della persona, rispettosa soprattutto dei più fragili, un’economia dove la cura sostituisce lo scarto e l’indifferenza. C’è stato un grande entusiasmo. Riconosciamo che possiamo avere una forza, una spinta che può portare, a piccoli passi, verso un cambiamento strutturale e non solo di facciata”.

Francesco Polo, anche lui presente ai tre giorni ad Assisi, ha affermato: “E’ uno stile nuovo che non cerca polarizzazioni. Non ci rivolgiamo contro qualcosa o contro qualcuno, ma cerchiamo di metterci a disposizione con le nostre proposte e con uno stile propositivo. Apparentemente sembra che il nostro compito sia ripudiare il mondo che abbiamo, per proporre un cambiamento, ma in realtà ciò che conta per noi è uno sviluppo intergenerazionale, non vogliamo condannare le generazioni precedenti ma lavorare per far emergere il buono che già c’è”.

Giampietro Parolin ha proseguito: “Nella visione di oggi c’è non solo una divisione del lavoro ma anche dell’etica, per cui quando sono un imprenditore, quando sono un economista ragiono in un modo e solo quando svesto i panni dell’uomo economicus provo empatia. Ecco allora che l’Economy of Francesco cerca di rimettere insieme questi pezzi d’uomo. Un’economia diversa esiste. Il cambiamento non avviene perché ci si sveglia la mattina e si dice «si potrebbe fare questa cosa». Avviene perché si è già iniziata una riflessione. Questo movimento è l’inizio di un processo, però dentro un percorso profetico di vita e di pensiero. Siamo abituati a leggere l’economia sempre con gli occhiali con cui siamo abituati a vedere ciò che ci circonda, quindi probabilmente Francesco, Ludovica e i giovani di Economy of Francesco, con questi nuovi occhiali scopriranno che ci sono molte realtà di persone, di imprese, di associazioni, di politici che vivono con prospettive nuove, etiche, eque. Solo che oggi non c’è una massa critica, cioè non si raggiunge mai un livello tale per cui il sistema cambi”. (Elena Merotto)

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Settimana sociale a Treviso, il prof. Melloni e il “filo” dell’unità

“Fratture e lacerazioni ci stanno davanti con drammaticità mai vista”. Sono parole pronunciate, lunedì 3 ottobre, dallo storico Alberto Melloni, nel corso della prima serata della 36ª Settimana sociale dei cattolici trevigiani, intitolata “Ricucire. Lacerazioni e nuove connessioni”. In questo contesto, i cristiani a prendere sul serio “ago e filo”, ripartendo da una seria formazione, anche nelle singole competenze, da una capacità di relazione, innervata anche dall’attuale fase sinodale, in vista di un’autorevolezza che è il contrario dell’irrilevanza.

Prima dell’intervento di Melloni, c’era stata l’introduzione del vescovo, mons. Michele Tomasi, che entrando nel tema di quest’anno ha detto:“Ci sono lacerazioni di tanti tipi. Nel nostro mondo, ambientali, internazionali, politiche, locali… E anche nella Chiesa. Gli strappi provocano dolore e disagio”. Si tratta di prendere coscienza di questo, mentre invece “spesso facciamo finta che tutto vada bene, che basti il maquillage. Non è così”. Invece, “prepariamoci a vivere pienamente questo nostro tempo, vivere le ragioni di una speranza, ritessere e cucire per dare vita a una serie di legami che ci daranno una prospettiva di futuro, sapendo che alla resurrezione si arriva attraverso la croce e il dono pieno di sé”.

Al prof. Melloni è stato chiesto di delineare il tema delle fratture in prospettiva storica, e con esse il modo di affrontarle, ieri e oggi, da parte dei cattolici.

E non si poteva che partire dall’oggi, dalle pastiglie di iodio, distribuite – fatto senza precedenti – alla scuola europea di Bruxelles nel timore di un attacco nucleare da parte della Russia, dalle parole fortissime del Papa all’Angelus di domenica scorsa, paragonabili a quelle di Giovanni XXIII durante la crisi di Cuba, ma non capite, addomesticate e “caramellate”, da una guerra “nata prima sugli altari e poi sui campi di battaglia, per la nostra negligenza ecumenica”.

Melloni, nel suo denso e ricco intervento, si è poi addentrato sui passaggi storici vissuti dal cattolicesimo italiano:uno Stato nato “contro la Chiesa”, un mondo cattolico che, espulso dalla sfera pubblica crea una “ecclesiosfera”, fino a diventare “ruota di scorta” con il patto Gentiloni, firmato in appoggio ai liberali in funzione anti-socialista. Dopo il fascismo, i cattolici sono protagonisti nel nuovo “Nation building”, nella costruzione della Nazione, attraverso la scrittura della Costituzione. Rilevante (lo storico ha raccontato vari episodi e retroscena) il ruolo dei giovani “professorini” dell’Università Cattolica, anche se in modo diverso rispetto alle aspettative del fondatore, padre Agostino Gemelli, che pensava di creare la classe dirigente di uno “Stato confessionale, di tipo franchista”. I suoi allievi vanno in un’altra direzione e lui li lascia liberi, perché così fa chi sa creare una classe dirigente. Dopo la fine della Dc, in corrispondenza con la stagione della presidenza Ruini nella Conferenza episcopale italiana, emerge il tema della “rilevanza”, dei cattolici, “questione – afferma Melloni – che io non ho mai capito. Il tema è quello dell’autorevolezza e, per venire al tema della Settimana sociale, di sapere “chi cuce e con cosa”.  Davanti a noi, nella società, le fratture sono tante:Nord e Sud, la borghesia che non esiste più, le fratture di genere, la diseguaglianza.

I cattolici dovrebbero riprendere “il balzo in avanti” fatto fare alla Chiesa da papa Giovanni con il Concilio, e impegnarsi in un cammino sinodale dal quale “dipende il futuro del Paese”. Un’affermazione sorprendente, ma motivata da una presenza ancora diffusa, di 6 milioni di praticanti domenicali, dall’esigenza di portare “unità nella Chiesa”. Senza questa unità, “è il Paese a essere nei guai”. (Bruno Desidera)

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“Prese il pane, rese grazie”, incontro per il Tempo del Creato e anteprima della Settimana sociale

Si è tenuta lunedì 26 settembre, nell’auditorium San Pio X, a Treviso, la serata anteprima della 36ª Settimana sociale dei cattolici trevigiani, che era insieme anche l’evento culminante degli appuntamenti previsti per il Tempo del Creato. L’incontro, intitolato “Prese il pane, rese grazie. (Lc 22, 29). Il tutto nel frammento”, ha visto dialogare mons. Michele Tomasi, vescovo di Treviso, e Dino Boffo, già direttore di “Avvenire”, riprendendo il titolo del messaggio dei Vescovi italiani per la Giornata del Creato.

“Il tema del pane, filo rosso che ha accompagnato questo mese del Creato, è tema di grande attualità – ha affermato don Paolo Magoga, direttore della Pastorale sociale e del lavoro. Lo abbiamo sviscerato come frutto della terra che con i poveri del mondo lancia il suo grido a ciascuno di noi. Grido che con il nostro impegno non possiamo tradire. Ma non basta udire, bisogna anche agire. Proprio il pane sintetizza le tre indicazioni lanciate dal Papa ai giovani in occasione dell’Economy of Francesco (vedi articolo a pagina 13): l’attenzione per i poveri, il lavoro e l’incarnazione. Prendere il pane, spezzarlo e condividerlo ci aiuta a riconoscere la dignità di tutte le cose che si concentrano in un frammento così nobile: la creazione di Dio, il dinamismo della natura, il lavoro di tanta gente. In quel frammento c’è la terra e l’intera società. Ci fa pensare anche a chi tende inutilmente la sua mano per nutrirsi, perché non incontra la solidarietà di nessuno, perché vive in condizioni precarie: c’è qualcuno che attende il nostro pane spezzato”.

“Non è un azzardo pensare che il ritorno del tema del pane – ha affermato Dino Boffo – abbia a che fare con il riesplodere in contemporanea di una serie di tragedie che accompagnano l’umanità da millenni, come i drammi della siccità, dell’epidemia, della guerra e della fame. Sono sciagure che esistono da sempre e che oggi si ripropongono fatalmente insieme. «Quante cose sa dirci un pezzo di pane». A esso stiamo oggi tornando, pur senza averlo deliberato. Nelle stagioni del Covid, lievito e farina sono andati letteralmente a ruba dagli scaffali, suscitando stupore in quanti consideravano la pratica della panificazione avviata ormai al tramonto. Ma il tema del pane è ritornato in questi mesi specialmente a motivo della guerra scatenata dalla Russia ai danni dell’Ucraina. La morsa della siccità, le conseguenze del Covid, il dramma delle guerre stanno producendo non solo perdita di biodiversità, desertificazione, migrazione dei popoli ma anche nuove forme di sottosviluppo, costi alle stelle e fame. In molti paesi si sta, infatti, passando dalla difficoltà di accesso al cibo al rischio di indisponibilità vera e propria. Ogni anno, poi, le governance del mondo si riuniscono e puntualmente assumono impegni troppo flebili nei confronti del pianeta, che per più poi non mantengono. Non c’è più tempo. E se la grande politica non si muove, deve farlo la società civile di ogni dove, dobbiamo farlo noi: dal basso. Non si tratta di fare altri partiti ma di costringere i politici ad agire. E’ una mobilitazione dal basso quella che va intrapresa, vestendo abiti virtuosi che possano rigenerare quel nostro modo di stare al mondo che ormai fa acqua da ogni parte. Noi credenti dobbiamo e vogliamo «tornare al gusto del pane», che vuol dire onorare la preghiera del Padre nostro, insegnataci da Gesù. Ebbene, come seguaci di questo Dio del pane siamo chiamati a innervare per la nostra parte, da autentici protagonisti, il movimento di ribellione e di riscatto che è in atto per spezzare sul tavolo del mondo il pane con tutti, nessuno escluso.”

“Ascoltare quello che dice Dio al suo popolo riguardo al pane è una esperienza molto antica e importante, è l’esperienza della manna nel deserto – ha affermato mons. Tomasi -. Questo dono dal cielo ha delle istruzioni importantissime, va raccolta e distribuita in parti uguali, nessuno deve temere di riceverne di meno e di confrontare il suo con il piatto del vicino. Questa è anche l’attitudine dell’amore di Dio nei confronti di ciascuno, se ci ama completamente ci darà quello che ci serve e se qualcuno ha di più è perché avrà bisogno di più in quel momento. L’uguaglianza non è dare a tutti la stessa parte di risorse, ma dare a ciascuno ciò di cui ha bisogno. Il pane e il cibo dovrebbero essere beni indisponibili, beni primari; invece, prima che il grano comperato alle borse dei materiali agricoli si sposti, viene rivenduto cinque volte e il prezzo cresce perché ci sono compensazioni e speculazioni. L’eucaristia, che noi cristiani viviamo come momento culmine del nostro credere, è il momento in cui cielo e terra si uniscono e il pane, la richiesta unica, la manna come pane del cielo, rappresenta tutto. Papa Francesco nella «Laudato si’» dice che il Signore al culmine del mistero dell’incarnazione volle raggiungere la nostra umanità con un frammento di materia, non dall’alto ma da dentro, affinché nel nostro stesso mondo potessimo incontrare lui. Essere grati deve essere l’attitudine fondamentale di ogni cristiano, chi non è grato non è misericordioso, non sa prendersi cura e diventa predone e ladro. Chi non è grato può trasformare una terra ricca di risorse, granaio per i popoli, in un teatro di guerra. Spezzare il pane la domenica è esercizio di gratitudine”.

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Settimana sociale: “Ricucire, lacerazioni e nuove connessioni”

“Di fronte alle ferite e agli strappi di questi ultimi mesi, siamo consapevoli di trovarci di fronte a una società lacerata, smarrita e impaurita. L’impegno dei cristiani, anche alla luce della Dottrina sociale della Chiesa, è quello di individuare strade per «ricucire» una realtà sfilacciata, tramite la creazione di nuovi legami e connessioni. Questo non per tornare al passato – che non ritorna – ma per costruire una nuova trama di relazioni, a partire dal «filo» della fraternità, dell’amicizia sociale, di una nuova economia”. Parte da questa constatazione la 36ª Settimana sociale dei cattolici trevigiani, intitolata “Ricucire, lacerazioni e nuove connessioni”. Promossa, come gli anni scorsi, da La vita del popolo, Azione cattolica, Ufficio diocesano di Pastorale sociale e Lavoro, Meic e Partecipare il presente, la Settimana sociale, in raccordo con gli eventi “Il tempo del teatro”, rappresenta “il lancio” del calendario annuale del Network per il Bene comune. L’evento, nel corso di cinque serate (promosse insieme a varie realtà) si interroga su queste sfide, lanciando idee e proposte che saranno riprese, da diverse angolazioni e approcci, durante tutto l’anno, attraverso le realtà che aderiscono al “Network”.

Dopo la “serata anteprima del 26 settembre, la prima serata sarà lunedì 3 ottobre. “Fratture, lacerazioni, il compito dei cattolici: dalla storia del ventesimo secolo alle sfide del tempo presente” è il tema che sarà trattato dallo storico Alberto Melloni, professore ordinario di Storia del cristianesimo all’Università di Modena-Reggio Emilia.
Martedì 4 ottobre il titolo della serata sarà “The Economy of Francesco. L’impegno dei giovani per un’economia più equa, solidale e fraterna”.
Previsto l’intervento del prof. Giampietro Parolin, economista dell’Università Sophia, con interventi e testimonianze dei giovani trevigiani partecipanti all’incontro di Assisi convocato dal Papa (22-24 settembre. La serata riprenderà i primi frutti dell’incontro di Assisi, puntando a individuare le sue ricadute locali e gli spunti d’impegno, soprattutto per le nuove generazioni.
Lunedì 10 ottobre si riprende con “Strappi (in)evitabili, cuciture possibili… Italiani, migranti e lavoro che cambia”, con il sociologo Daniele Marini (Università di Padova) e Letizia Bertazzon, ricercatrice di Veneto Lavoro. L’incontro è promosso in collaborazione con Caritas, Migrantes, Cisl, La Esse, Una casa per l’uomo, ed inserito anche nel programma del Festival dello sviluppo sostenibile.
Martedì 11 ottobre si conclude con la serata, promossa in collaborazione con Partecipare il Presente, “Dopo il 25 settembre: la società civile per ricreare comunità e come reazione alla crisi della democrazia”. Intervengono il politologo Paolo Feltrin, già docente di Scienza dell’amministrazione e Scienza politica alle Università di Firenze, Catania e Trieste, e il prof. Carlo Bordoni, sociologo e saggista. A parte la serata anteprima (che si tiene al Pio X) le altre quattro serate si svolgeranno nella sala Longhin del Seminario vescovile.

Serata anteprima: lunedì 26 “Prese il pane, rese grazie”, con mons. Tomasi e Boffo
E’, insieme, momento culminante degli appuntamenti previsti nell’ambito degli incontri “Il tempo del creato”, e la “serata anteprima” della 36ª Settimana sociale dei cattolici trevigiani.
Lunedì 26 settembre, nell’auditorium San Pio X di Treviso (viale D’Alviano) si tiene la serata “Prese il pane, rese grazie” (Lc 22, 29). Il tutto nel frammento”. Un dialogo tra mons. Michele Tomasi, vescovo di Treviso, e Dino Boffo, già direttore di “Avvenire”. L’incontro riprende il titolo del messaggio dei Vescovi italiani per la Giornata del Creato.
Al tempo stesso, l’incontro si collega alla Settimana sociale e al titolo di quest’anno.

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Elezioni: documento appello di “Partecipare il presente”, società civile esca dal silenzio

In un periodo così delicato, in cui la pandemia mondiale da Covid-19 ha cambiato, in alcuni casi radicalmente, abitudini e modo di pensare delle persone e in cui la paura è stata la grande protagonista, il ruolo delle associazioni della società civile è stato silenzioso, ma fondamentale nella sua sussidiarietà allo Stato. Silenzioso per necessità. Da tempo, infatti, un sentimento diffuso contro lo Stato e le sue regole era stato riversato anche contro i “corpi intermedi”. Il mondo associativo, nella fase pandemica e ora anche nella fase di conflitto tra Russia e Ucraina, è rimasto di riferimento e di aiuto per i cittadini in generale, e assume ruolo di comunità per i propri associati. In modo silenzioso le grandi e piccole associazioni della società civile sono state elemento di coesione e baluardo contro la disperazione e il disorientamento che serpeggiava tra la cittadinanza.

Urgenza di prendere posizione

Quella che ora stiamo vivendo, alla vigilia di una competizione elettorale, è, però, una delle occasioni in cui è necessario che la società civile organizzata abbandoni il silenzio e ponga alla politica alcune, poche, ma necessarie condizioni, togliendo alla demagogia e alla propaganda alcuni temi fondamentali per la convivenza in una società possibilmente “buona”, possibilmente non divisiva.

Principalmente per non lasciare sole le persone tra lo Stato e i partiti. Ma anche per far comprendere l’importanza di alcuni fondamentali principi che riguardano l’interesse comune e di fronte ai quali chiunque si candidi al governo dovrà esprimersi. Questo è un dovere per le associazioni, in particolare per quelle di rappresentanza. Ed è importante che lo facciano in maniera unita.

Fondamentale una posizione unitaria

La condivisione di progetto e messaggio su alcuni temi da parte delle associazioni della società civile vuole costituire un elemento di cui chi si candida dovrà tenere conto, una sorte di barriera civica a tutela del bene comune dello Stato.

L’iniziativa

Attraverso Partecipare il Presente, le associazioni della società civile offrono un contributo al voto, sottoponendo alcuni temi che interessano i soggetti di cui sono rappresentanti ma anche i cittadini in generale.

1) L’esercizio del diritto di voto. Votare è il primo esercizio di partecipazione, per quanto la sfiducia possa portare ad altre conclusioni. È importante non solo decidere per chi votare ma, soprattutto, perché votare.

2) Il reciproco riconoscimento e rispetto. Evitare il triste spettacolo della delegittimazione reciproca, richiede un fondamentale riconoscimento tra forze politiche diverse, senza il quale nessun vincitore potrà avere la governabilità assicurata, a scapito della comunità e dei cittadini. E’ del tutto evidente che senza recuperare il senso comunitario del fare politica, la convinzione che ognuno può fare politica, l’amore politico, c’è il rischio che si verifichino continui strappi nel tessuto sociale. L’associazionismo può giocare un ruolo fondamentale nell’aiutare i cittadini a guardare ai contenuti più che ai contenitori e ai contendenti. Questa non è una prerogativa di centro, destra o sinistra. E’ una prerogativa pre-politica che appartiene a tutti e che tutti – non solo chi si candida – dovrebbero fare lo sforzo di recuperare.

3) La questione demografica. La necessità di investire in politiche che favoriscano la famiglia e la conciliazione tra lavoro e cura dei figli e delle persone non autosufficienti è fondamentale non solo per la sopravvivenza di un popolo, ma anche per far funzionare una economia sana. Si è prodotto negli anni un tragico declino demografico ed è quindi prioritario attuare tutti gli strumenti per invertire la rotta. L’accoglienza e l’inserimento di persone immigrate è una risorsa in questa direzione e, accanto agli aspetti umanitari, si deve considerare la grande necessità che famiglie e imprese hanno in questo momento di avere persone che possano garantire un ricambio nel lavoro ad una società che invecchia e non fa figli. Un’esigenza che diventa ancora più stringente nelle attività di assistenza alle persone non autosufficienti e nella sanità.

4) La questione del lavoro e dei salari e delle politiche per sostenere i giovani. Interrogarsi cercando soluzioni su come sostenere la contrattazione e liberare maggiori risorse per chi lavora; su come agganciare la produttività ad una formazione continua. Su quali possono essere le politiche migliori che uniscano scuola, formazione e lavoro e favoriscano maggiormente i giovani, in un Paese con una spesa welfare chiaramente assorbita in gran parte dalla previdenza.

5) La dimensione europea del nostro Paese. Non ci possono essere ambiguità su questo punto. La dimensione europea della politica, del lavoro e dell’economia è un principio e un pre-requisito fondamentale per ogni azione politica. La dimensione europea ha garantito sviluppo e pace per oltre 70 anni. In questo momento, nonostante le dichiarazioni da campagna elettorale, non è affatto pacifico che vi sia intesa tra i partiti nel sostenere la posizione europeista del nostro Paese. Le prese di posizioni ambigue o dichiaratamente anti europee sono state molte nel recente passato.

6) Politiche per la sostenibilità e per una transizione ecologica integrale. L’attuale crisi energetica, che presenta effetti drammatici sulle famiglie e le imprese, non può, se non in via transitoria, interrompere un percorso di transizione alla sostenibilità che è stato avviato con obiettivi ambiziosi. Ne vanno considerati gli impatti e le inevitabili trasformazioni che porteranno ai nostri stili di vita, ma rimane prioritario assumere l’impegno di perseguire un percorso virtuoso di ecologia integrale, come proposto da tempo da papa Francesco, che coinvolga innanzitutto i giovani in una nuova sincera passione verso la comunità, il lavoro, e la politica come strumento per perseguire il bene di tutti.

(Documento-appello di Partecipare il Presente)

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Lunedì 26 “Prese il pane, rese grazie”, con mons. Tomasi e Boffo

E’, insieme, momento culminante degli appuntamenti previsti nell’ambito degli incontri “Il tempo del creato”, e la “serata anteprima” della 36ª Settimana sociale dei cattolici trevigiani.
Lunedì 26 settembre, nell’auditorium San Pio X di Treviso (viale D’Alviano) si tiene la serata “Prese il pane, rese grazie” (Lc 22, 29). Il tutto nel frammento”. Un dialogo tra mons. Michele Tomasi, vescovo di Treviso, e Dino Boffo, già direttore di “Avvenire”. L’incontro riprende il titolo del messaggio dei Vescovi italiani per la Giornata del Creato.
Al tempo stesso, l’incontro si collega alla Settimana sociale e al titolo di quest’anno.

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Tempo del creato: “Un pane di grano antico – buone pratiche”

Lunedì 19 settembre, ore 20.30 alla scuola di Formazione Professionale Opera Monte Grappa di Fonte, incontro su “Buone Pratiche” con l’associazione Gruppo Acquisto Solidale di Asolo “Gasolo” e l’associazione “Libera nos in campo”. Partecipano Cristian Tonello, laureato in scienze naturali, Chiara dal Bello nutrizionista e biologa. Altro tema: “Lavoro e giusto prezzo e retribuzione” con relatori da definire.
Pieghevole Tempo del creato 2022 def

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Tempo del creato: a Castelfranco il ricordo di don Paolo Chiavacci

A quarant’anni della scomparsa di Don Chiavacci e della nascita dell’Associazione Incontri con la Natura per la salvaguardia del Creato “Don Paolo Chiavacci”, che ne promuove le idee e i progetti, una serata dedicata al sacerdote trevigiano, precursore dei temi enunciati dall’enciclica di Papa Francesco Laudato si’.
La serata, al teatro Accademico di Castelfranco,inizierà alle 20.30 e sarà l’occasione per presentare il volume “Don Paolo Chiavacci profeta dell’ambiente” scritto da Francesco Chiavacci Lago, pronipote del sacerdote e figlio di Giorgio Lago, e dal giornalista Umberto Folena.
Nel 2022 si celebrano i 40 anni dalla scomparsa di Don Paolo Chiavacci, sacerdote originario di Crespano del Grappa, Treviso, e per valorizzare la ricorrenza, l’Associazione Incontri con la Natura per la salvaguardia del Creato “Don Paolo Chiavacci”, fondata nel 1982, il Centro Don Paolo Chiavacci e la Diocesi di Treviso promuovono per lunedì 12 settembre, alle 20.30, “Tempo del creato”, una serata evento al Teatro Accademico di Castelfranco Veneto, Treviso, realizzata in collaborazione con l’Associazione Amici di Giorgio Lago, il Comune di Castelfranco, la Comunità Laudato Sì Treviso, la Pastorale Sociale e del Lavoro della Diocesi di Treviso, il Network per il bene comune, Monte Grappa Mab Unesco e Ricucire.
La serata, che si inserisce una rassegna di cinque appuntamenti eventi che celebrano la 17^ Giornata nazionale per la Custodia del Creato, è stata ideata con lo scopo far conoscere al pubblico lo straordinario impegno di Don Paolo Chiavacci, che attraverso le parole e le opere sul Creato e sulla natura, fu un anticipatore delle tesi e delle esortazioni che Papa Francesco esprime nell’enciclica Laudato Si’, con ben cinquant’anni d’anticipo.
Nel corso dell’appuntamento verrà presentato il libro “Don Paolo Chiavacci profeta dell’ambiente. Un eco della Laudato Sì alle pendici del Monte Grappa”, scritto da Francesco Chiavacci Lago, pronipote del sacerdote e figlio del giornalista Giorgio Lago, e da Umberto Folena, scrittore e editorialista di Avvenire.
Sul palco del Teatro si alterneranno i racconti di coloro che hanno conosciuto e frequentato il sacerdote e testimonianze fotografiche e video, per far conoscere l’eccezionale testimonianza terrena di Don Paolo Chiavacci e del Centro a lui intitolato. Interverranno Dino Boffo, già direttore del quotidiano nazionale Avvenire, don Giovanni Scavezzon, presidente dell’Associazione Don Paolo Chiavacci, Francesco Chiavacci Lago, autore del libro, e Laura Bertollo, responsabile dell’educazione ambientale al Centro di Spiritualità e Cultura Don Paolo Chiavacci. Modererà Umberto Folena, coautore del libro.
Pieghevole Tempo del creato 2022 def

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